Il Jingle Pubblicitario e il Ruolo della Musica negli Spot

Aggiornamento: 29 Novembre 2023
Ci sono due tipi di persone. Chi ha canticchiato almeno una volta “le mucche fanno muu, ma una fa muu-muu”… e chi mente. Non c’è da vergognarsi, questa è semplicemente la dimostrazione lampante che il jingle della pubblicità mumu del budino Cameo funzionava benissimo!
La musica per spot pubblicitari, grazie al suo potere evocativo, è uno strumento di marketing fondamentale da quando esistono le pubblicità in radio prima, e in televisione poi. Un qualsiasi spot non avrebbe lo stesso impatto emotivo o la stessa efficacia se fosse composto di sole immagini e testi in prosa. La musica delle pubblicità è parte integrante dell’insieme, e spesso riesce a veicolare il messaggio con particolare efficacia. Non solo, ha il potere di rimanere impressa anche dopo anni… il che ci riporta alla nostra mucca con gli occhiali di qui sopra.
I metodi in cui la musica viene usata nelle pubblicità si dividono essenzialmente in 3: i già citati jingles, l’audio branding, e le canzoni spot pubblicitari vere e proprie.
Jingle in inglese significa tintinnio. Sono slogan musicali creati appositamente per le pubblicità, per essere orecchiabili e facilmente ricordabili, e per rafforzare la brand identity: il loro ascolto deve rimandare in modo istantaneo alla marca a cui sono collegati.
Il jingle musicale nasce circa 100 anni fa in America, per aggirare il divieto di trasmettere pubblicità in radio: le canzoncine che parlavano di determinati prodotti, citandone anche il marchio, non venivano considerate spot veri e propri, per cui erano concesse. Il sistema fa la fortuna dei cereali Wheaties, che passano dal fallimento quasi certo alla fortuna proprio grazie al loro nuovo jingle radiofonico, rivoluzionando per sempre il mondo della pubblicità e della musica per spot.
Potere emotivo, riconoscibilità e orecchiabilità fanno la fortuna dei jingle musicali, basti pensare che in Italia si canticchiano gli stessi motivetti anche dopo 30-40 anni… quando non vengono proprio ancora utilizzati nelle pubblicità, che possono cambiare immagini e dialoghi ma mantenere la stessa musica. Un esempio tra tutti è la cedrata Tassoni, col celebre “Quante cose al mondo puoi fare?”
Un’altra colonna sonora immortale è il Cuore di Panna pubblicità Cornetto, jingle creato nel 1981 per associare i gelati Algida anni 80 alla spensieratezza estiva dei giovani, con gli amici, i primi amori e il divertimento in spiaggia. Il trend è durato fino a metà anni ’90, quando si è preferito sostituirlo con altre tematiche e le hit del momento – i classici tormentoni – ma è tornato in auge nella Cornetto Algida pubblicità del 2019, quando il famoso gelato ha compiuto 60 anni.
Se il jingle deve essere ascoltato più volte per rimanere ben impresso, una sua variante più ridotta ha preso piede proprio per creare un immediato legame tra un marchio e un determinato suono; stiamo parlando del sound o sonic branding, una vera e propria firma musicale, brevissima, che appare sempre insieme al logo a cui è legata, per rafforzarne l’identità sonora. È veloce, efficace e, soprattutto, internazionale, dato che riduce le barriere linguistiche e può essere esportato ovunque senza bisogno di adattamenti.
Pensiamo solo al suono legato al logo Intel, o a quelli che accompagnano le schermate di accensione dei computer o dei Mac: rendono il marchio immediatamente riconoscibile all’ascolto. Non è un caso che il sound branding venga utilizzato specialmente nelle pubblicità audio, poiché ormai grazie alla sua stretta associazione con il logo, non è più necessario vederlo.
Nel 2003 la catena di fast food McDonald’s cambia slogan, diffondendo in tutto il mondo l’internazionale “I’m Lovin’ it!”, a cui associa un motivetto che… probabilmente state già canticchiando nella vostra testa mentre leggete. Questa campagna è stata un tale successo di marketing da far rimanere invariati catch frase e sound logo per i successivi 20 anni… e, probabilmente, anche oltre.
Un’altra geniale associazione di suono e marchio, molto più recente, arriva dalla piattaforma di streaming Netflix. La loro idea è stata prendere il suono che accompagna l’apertura del sito e renderlo onomatopeico… TUDUM! Oltre a creare uno spot in cui persone qualunque, nella vita di tutti i giorni, accompagnano momenti di suspense con un “tudum!”, come se fossero all’inizio di un film o una serie tv, ha associato alla parola stessa una fetta del suo marketing. Tudum è il nome di un sito dedicato agli iscritti alla piattaforma, nonché di un evento annuale in cui vengono presentate novità e contenuti esclusivi.
Quindi, la musica che sentiamo nelle pubblicità è sempre creata ad hoc? Ecco, no. Se gli audio brand tendono a resistere, grazie alla loro brevità, gli ultimi anni hanno visto un netto crollo dei jingle spot pubblicitari, soppiantati sempre di più da brani musicali già esistenti, di cui i marchi comprano i diritti di utilizzo.
I motivi sono semplici: un jingle è inedito, va ascoltato più volte prima di rimanere impresso ed essere collegato a un marchio. Una vecchia canzone famosa o un tormentone recente attirano immediatamente l’attenzione degli spettatori, anche dei più distratti, e li fanno concentrare sul brand. Non solo, se si vuole dare a uno spot una determinata atmosfera, sarà sufficiente scegliere un brano che già la evoca, anziché crearne uno da zero.
Un’altra strategia molto efficace è prendere una canzone conosciuta da tutti e cambiarne il testo per adattarlo al prodotto pubblicizzato; così per la Dacia Another One Bites the Dust dei Queen diventala musica della pubblicità Another One Drives a Duster e, in Italia, un brano di Arbore si trasforma nella colonna sonora Ma Pompea No delle divertentissime pubblicità Pompea.
Alcune pubblicità invece contribuiscono a portare al successo canzoni non mainstream: può sembrare contro-intuitivo scegliere un brano poco famoso, ma in realtà è un ottimo accordo tra le due parti, musica e pubblicità. L’artista ha una seconda possibilità per far salire in classifica la propria canzone, mentre il marchio sarà associato in modo indissolubile a essa. Alcuni degli esempi più eccellenti sono Breathe di Midge Ure, riportata al successo dalla Swatch, e, ovviamente, il brano musicale Hymne, rimasto per tanti anni colonna sonora della pasta Barilla.
Dobbiamo quindi pensare che i jingles siano stati definitivamente soppiantati dalla musica pop? Come per ogni cosa, non bisogna ragionare per assoluti, dato che ci sono ancora brand che preferiscono creare musiche per spot originali; uno tra questi è la celeberrima Coca-Cola, che continua a creare jingles e musiche spot pubblicitari totalmente nuove. Tanto che il brano che accompagnava uno spot anni ’70, I’d Like to Buy the World a Coke, venne richiesto a gran voce nelle radio e poi trasmesso insieme alle canzoni “standard”.
Il potere della musica per pubblicità continua a essere in azione.
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